domenica XIX - p. Ermes Ronchi - 10 agosto
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più». Lc 12, 32-48
IL PRIVILEGIO
Dov’è il tuo tesoro, là corre il tuo cuore. Mio tesoro è un Dio pastore di costellazioni e di piccolissimi greggi, che chiude le porte della notte e apre quelle della luce. Questo sarà il Signore che io servirò, perché è l’unico che si è fatto mio servitore.
Il vangelo ambienta le tre parabole nella notte, nel buio intaccato solo da una piccola lanterna, che racconta un’atmosfera di fatica, di oscuro, di paure, ma anche di non resa.
Qualsiasi sia la tua paura, della malattia, di crisi geopolitiche, delle chiese svuotate, delle guerre, dei legami che si spezzano, del cambiamento climatico: Non avere paura, piccolo gregge!
Anche alla piccola Maria l'angelo dirà: Non temere questo Signore che si nasconde dietro la carne di un piccolo bambino. Non temere il suo l'amore disarmato e sottovoce.
Essere piccoli è un privilegio, agli occhi di Dio. E proprio a questi Gesù ripete: non temere. Il contrario della paura non è il coraggio ma la fede.
Come Abramo, che per fede è partito. Non era in una situazione precaria. Aveva greggi, armenti, una famiglia e una moglie, faceva parte di clan potente, ma non era soddisfatto. Eppure mancava qualcosa.
Inizia così la chiamata. Il termine ebraico è lech lechà, vattene dalla tua terra. Ma anche: vai verso te stesso, torna da te, vivi secondo i tuoi sogni, viaggia verso di te, diventa te stesso.
Per fede Abramo, per fede Sara, per fede anch’io: lech lechà, torna a te stesso, ritorna al cuore, con il coraggio di cercare, di sciogliere le vele, di partire, di abitare la vita da desto, pronto a vegliare su ogni germoglio che nasce.
Primo tempo della parabola: il padrone se ne va e ti affida tutto: le chiavi, la gente e i beni di casa.
Dio è il grande assente, che crea e poi si ritira. Un padre vero. La sua assenza ci pesa, ma è la vera garanzia della nostra libertà.
Se Dio fosse qui, visibile e incombente, chi si muoverebbe più? Un Dio che si impone sarà anche obbedito, ma non sarà mai amato dai liberi figli che noi siamo.
Secondo momento: nella notte i servi vegliano, con le vesti da lavoro e la lucerna accesa. Anche se è notte, tu vigila e lavora per la tua famiglia, la porzione di mondo affidata a te, la madre terra. Con quello che hai, meglio che puoi. Accendere una piccola lampada vale più di cento imprecazioni contro il buio.
Arriva il terzo momento. “E se giungendo prima dell'alba, il padrone li troverà svegli”...“Se”. Non è sicuro, non è un obbligo, è di più; non un dovere ma la garanzia di uno stupore:
Beati loro! Perché Dio è rimasto incantato. E mi immagino il volto sorridente del padrone a quella scoperta.
E li farà mettere a tavola, si cingerà le vesti, e passerà a servirli. Il punto sublime del racconto è questo: quando accade l’impensabile e il padrone si fa servitore dei suoi servi. Fantasia di Dio!
I servi sono signori. E il Signore è servo. Questo sarà il Signore che io servirò, perché è l’unico che si è fatto mio servitore.
Dov’è il tuo tesoro, là corre il tuo cuore. Mio tesoro è un Dio pastore di costellazioni e di piccolissimi greggi, che chiude le porte della notte e apre quelle della luce.