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LA GUARIGIONE CHE NON SAI

Data: 09-10-2025, in Commenti al Vangelo

domenica XXVIII - fra Ermes Ronchi

  Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».  Lc 17,11-19

LA GUARIGIONE CHE NON SAI

La vita guarisce non perché raggiunge la meta, ma quando trova il coraggio di salpare. Lentamente, poco a poco, un piede dietro l’altro, ad ogni passo una piccola goccia di guarigione.

Dieci lebbrosi a distanza, solo occhi e voce: Gesù, abbi pietà. Davanti al dolore in Gesù scatta un'urgenza di bene: non devono soffrire neanche un secondo di più.

E infatti subito dice loro: Andate dai sacerdoti. Mettetevi in cammino.

Perché li manda via? Perché stanno già guarendo, anche se ancora non lo sanno, anche se ancora non lo vedono.

Il futuro entra in noi con il primo passo, prima ancora che accada; con il primo raggio di sole, con il primo seme che si apre.

A tutti noi Gesù dice “Kum!”. Alzati! Imperativo potente e indiscutibile.

Solo per questa scommessa di fiducia data a tutti, perfino al nemico, la nostra terra avrà un futuro e non una guerra nucleare. Io lo credo.

Il mondo intero ha bisogno della nostra piccola fede di profeti, i quali credevano alla Parola di Dio più ancora che al suo attuarsi.

Una vergine partorirà, profetizza Isaia, ma lui non la vedrà.

Avrai più figli che stelle, ha detto ad Abramo. E Lui ci crede, fino alla fine, anche se ha un figlio solo, quell’Isacco che ha pure tentato di uccidere.

E a Mosè stesso, Dio farà vedere la terra promessa soltanto da lontano, regalandogli solo una struggente nostalgia.

Un Dio esigente con i suoi profeti?

Sulla tua parola getterò le reti, aveva detto Pietro;

sulla tua parola ci mettiamo in cammino, dicono i dieci piccoli lebbrosi, spalle al muro e piaghe aperte.

E mentre andavano, furono guariti.

E’ la strada ad essere guarigione, perché fermento di speranza. La vita guarisce non perché raggiunge la meta, ma quando trova il coraggio di salpare. Lentamente, poco a poco, un piede dietro l’altro, e ad ogni passo una piccola goccia di guarigione.

La speranza è più forte dei fatti, li contesta e li attraversa. Non è la fede che si piega alla storia, è la storia che si piega alla speranza.

Ancora una volta il Vangelo propone un samaritano, un eretico, come modello di fede che salva. L'unico a cui Gesù dice: «la tua fede ti ha salvato». Ai nove che non tornano è invece sufficiente la guarigione, che li fa scomparire nel turbine della loro felicità. Non tornano perché ubbidienti all’ordine di Gesù: andate dai sacerdoti. E non vedono oltre.

Uno solo vede oltre le parole di Gesù. E torna. Ha intuito che il segreto non sta nella guarigione, ma nel Guaritore.

Non va dai sacerdoti perché ha capito che la salvezza non deriva da norme e leggi eseguite, ma dal rapporto personale con lui, Gesù di Nazaret.

È salvo perché torna alla radice, trova la fonte e vi si immerge come in un lago. Non cerca doni, cerca il Donatore.

Come usciremo da questo vangelo? Io voglio tornare indietro come quel samaritano, e fare mia la madre di tutte le parole: “grazie”.

Torniamo indietro tutti, seguiamo la bussola del cuore e “affrettiamoci ad amare: le persone se ne vanno così in fretta!” (Ian Twardowski).